Il rischio di vedere sospeso l’Assegno di Inclusione dopo tanta fatica nel riceverlo, è tutt’altro che remoto, ma non è l’ultima spiaggia.
Preoccuparsi sì ma senza esagerare. Può capitare che l’Assegno di Inclusione venga sospeso ma non è detto che sia per sempre. Se si seguono nel dettaglio le regole dell’aiuto statale il rischio di perdere tutto è ridotto al lumicino. Non bisogna abbassare la guardia.
Perdere un aiuto tanto atteso e tanto prezioso per colpa di una mancanza. E non è una mancanza da poco, ecco perché è bene ogni tanto rileggersi tutte le regole che riguardano l’Assegno di Inclusione affinché non si commettano errori che ne compromettano la validità. Il sussidio nato dalle ceneri del Reddito di cittadinanza, si differenzia dal vecchio sistema tanto voluto dai 5 Stelle, perché oltre a sostenere le famiglie in difficoltà economiche con una quota da spendere per la spesa e tutte le necessità quotidiane, mira ad inserire nel mondo del lavoro le persone ancora abili a farlo, attraverso un patto digitale e l’aiuto dei servizi sociali e i centri per l’impiego.
La domanda per l’Assegno di Inclusione è facile da compilare sul sito istituzionale dell’INPS e d è facile da spedire. Una volta controllati i requisiti del richiedente, l’Istituto risponde alla vostra domanda. Se è ‘accolta’ l’aiuto mensile sarà vostro e arriverà una comunicazione delle Poste dove si andrà a ritirare fisicamente la carta da utilizzare per le spese. Ma una volta abilitati all’Assegno di Inclusione occorre non cantare vittoria troppo presto perché l’errore che fa saltare tutto è dietro l’angolo.
L’Assegno di inclusione viene sospeso d’ufficio se uno dei componenti del nucleo familiare non comunica entro 30 giorni l’avvio di una attività di lavoro dipendente. E se dopo tre mesi non è stata mandata nessuna comunicazione, la prestazione decade definitivamente. Lo rende noto l’Inps nel messaggio n. 3624/2024 in cui spiega di aver avviato i controlli da giugno 2024, anche in presenza di pagamenti già avvenuti, questo vuol dire che esiste anche il rischio concreto che qualcuno debba restituire tutti i soldi percepiti.
Dunque se anche un solo componente del nucleo familiare che riceve l’Adi, inizia un lavoro, deve comunicarlo non più tardi di 30 giorni dopo l’inizio dell’attività. L’obbligo è dovuto anche in caso di avvio di percorsi di politica attiva che prevedano indennità o benefici di partecipazione o di accettazione di offerte di lavoro anche di durata inferiore a un mese, ad eccezione dei tirocini d’inclusione sociali. Se il lavoro non supera uno stipendio di 3 mila euro lordi l’anno, non inciderà sui conteggi per ottenere l’Assegno di Inclusione, ma se supera tale soglia, allora si andrà a rideterminare l’ISEE e quindi il diritto a percepire ancora il sussidio.
L’Inps spiega che qualora sia decorso il termine di trenta giorni dall’avvio dell’attività, senza che la comunicazione da parte del lavoratore sia stata resa, l’erogazione del beneficio è sospesa fino a quando non si sia ottemperato a tale obbligo, e comunque non oltre tre mesi dall’avvio dell’attività, decorsi i quali il diritto alla prestazione decade.
Se al contrario, il nucleo familiare presenta il modello Adi-Com Esteso prima che la prestazione sia posta in decadenza nei tempi che abbiamo visto sopra, oltre alla riattivazione del sussidio spetteranno anche le mensilità arretrate maturate durante la sospensione.
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